DiversiVersi a 31 anni dalla Rassegna poetica

A cura di Cenobio dell’Arte (I poeti del Cenobio), a Scicli e Ragusa (in Sicilia) per un decennio un incontro di poeti, con reading e premiazione con “Unicorno d’Oro”

Trentuno anni fa nasceva, a cura dell’Associazione Cenobio dell’Arte” (i “Poeti del Cenobio”) la Rassegna poetica “DiversiVersi” che per un decennio fu protagonista indiscussa della scena poetica iblea.

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Dopo i primi 5 anni è stato pubblicato un libretto con i fatti salienti del percorso poetico dei fondatori e dei poeti partecipanti, poesie, vincitori, storia…

«Il primo premio era l’Unicorno d’Oro, offerto da Associazione Cenobio dell’Arte in collaborazione con Comune di Scicli e Provincia Regionale di Ragusa.», si ricorda nel sito DiversiVersi.it

Protagonisti indiscussi, con Salvo Micciché(@salvomic) furono Pippo Di Noto, Graziano PiccioneEsmeralda Carrubba e la compianta Stefania Elena Carnemolla. Successivamente anche Marco Iannizzotto, Lina Riccobene Bancheri, Geppina Macaluso, Salvatore VicariSilvana BlandinoSalvatore Modica e altri eccellenti poeti siciliani e italiani. 

Allora i Poeti del Cenobio erano “più giovani e belli”. Oggi sono quello che siamo, anche grazie a quella esperienza e a quel libro.

Albo d’oro

Una recensione su “Il giornale di Pantelleria

Cordi di palori

dedicata a Cinzia e Maurizio, 24-28 agosto 2021

Sduvacu palori sburrucati ri l’antichi

nna’n-cjumi ntrubbuliatu

ca nuddu sa unni s’abbia.

Se qualcunu li cogghia, r’amuri s’annia.

Cordi di palori e palori curdiati,

sta vita pisanti ‘cussì la cuntamu

ccu rimi sturiati e ‘mmucciati,

c’a-mmal’appena n’arrivurdamu…

Vita, morti, amuri e peni ranni

s’assicutunu nta scena ri stu Munnu.

Ju ti cantu stori di l’inganni,

di la Fantasia e di lu suonnu…

              San Micheli, Arcangilu di Diu,

              cuntataccillu a tutti lu turmentu miu,

              cantataccilli a tutti li canzuni beddi,

              c’aju cantatu sempri sutta li stiddi.

M-mjenzu an-çjumi di palori

t’aju cuntatu la me storia e tu mi parrasti,

di li tò peni un gran saggiu mi dasti,

e mi rèsunu paci prima ca la vita mori.

Affunnu ‘i mari si n’am’ha spàrtiri,

megghiu mòriri ansemi e ansemi campari,

vaju prijannu li santi martiri

di darimi la ‘razia di putiriti amari.

Cordi di palori e palori curdiati,

e cordi c’attàccunu a nuautri stissi,

ansemi ravanti e ansemi ’mmucciati,

a tutti lu dicu nzoccu ti dissi,

a tutti lu cuntu l’amuri ppi tia,

l’han’a sapiri na tuttu lu munnu,

a tutti lu dicu e ccu majaria,

sulu cu tia mi spartu lu sonnu.

              San Micheli, Arcangilu di Diu,

              cuntataccillu a tutti lu turmentu miu,

              cantataccilli a tutti li canzuni beddi,

              c’aju cantatu sempri sutta li stiddi.

Salvo Micciché

Caffè Letterario Quasimodo: riuscita presentazione di ‘Senza tiempu’ di Silvana Blandino

Micciché, Riccobene, Blandino, Pisana

Lina Riccobene: «la poetica di Silvana Blandino è matura, attenta alle tradizioni e alla valorizzazione del Siciliano»

 

Modica, 23 agosto 2021 — Domenica 22 agosto, in una piacevole serata, a cura del Caffè Letterario Quasimodo di Modica è stato presentato il libro Senza tiempu. Poesie, proverbi e modi di dire in dialetto, di Silvana Blandino, poetessa del Caffè Quasimodo.

Il pomeriggio culturale ha avuto luogo nell’Atrio Comunale del Palazzo di Città (via Principe di Napoli).

Ha condotto la serata Salvo Micciché, filologo, componente del Caffè Quasimodo e curatore della Prefazione del volume. Micciché ha introdotto l’analisi del volume citando anche passi della Prefazione in cui sottolinea la spontaneità, la genuinità ma anche la maturità della poetessa modicana. «Silvana Blandino – ha detto – ci riporta al passato, come in un flashback, in un film che ripercorre la nostra vita. La sua attenzione, in particolare, è rivolta agli antichi “che non si sbagliano”, latori di una antica sapienza e ispiratori dei suoi versi».

È seguito, poi, il saluto dell’assessore alla cultura di Modica, Maria Monisteri, che ha posto l’accento anche sulla sinergia tra l’Amministrazione comunale e il Caffè Quasimodo, ribadendo piena collaborazione alle iniziative dell’associazione.

Quindi si è registrato un puntuale e circostanziato intervento critico della poetessa e scrittrice Lina Riccobene Bancheri (Delia, Caltanissetta) che ha presentato al numeroso pubblico un intervento colto, centrato sul valore della lingua dialettale e finalizzato a evidenziare le radici mediterranee della poetica della Blandino, che hanno  il sapore  della pietra, dei muri a secco, dei pendii modicani, dei terrapieni, del silenzio dei vicoli, delle scale, degli affetti familiari e  dell’armonia della campagna. «Nella poetica della Blandino – ha detto la Riccobene – si legge la sapienza, una sapienza popolare. L’autrice usa e valorizza il dialetto come i popolani quando esprimono genuinamente la loro cultura, fatta anche da atavici ricordi che si ipostatizzano in modi dire e proverbi che guidano la vita. La sua poetica è matura e ci invita alla riscoperta della lingua siciliana». Ha messo in luce un aspetto importante: la ricerca della parola arcaica da parte della Blandino.

Il presidente del Quasimodo, Domenico Pisana, nella sua nota introduttiva ho evidenziato come il libro di Silvana Blandino poggi su una dicotomia di momenti creativi (la poesia, i proverbi, i modi di dire) che si integrano nell’unità di una visione e concezione del tempo come “categoria della spirito”.

«Il dialetto che troviamo nelle poesie – ha detto Pisana –, nei proverbi e nei modi di dire di questo libro non è semplicemente una lingua, ma l’espressione e la testimonianza della civiltà rurale iblea, nella quale siamo cresciuti e ci siamo formati; non è solo un sistema di espressione del pensiero con le sue leggi grammaticali, ma è soprattutto un “valore”, è “parola”, cioè linguaggio detto in una situazione vissuta. Insomma, il dialetto di Silvana Blandino è un andare alle nostre radici, alla nostra storia sull’onda dei maestri come Meno Assenza e Nanninu Ragusa.

 I suoi versi ci offrono un percorso poetico dove l’ambiente stesso è vita, dove gli affetti, le amicizie, i rimpianti, il dolore, la speranza e l’attesa sono gli ingredienti dell’avventura dell’esistenza umana, nella quale la poetessa, con il suo canto dialettale, appare una poetessa cui piace fare esperienza tra la gente con il suo canto d’amore».

Come sempre, affabulanti e coinvolgenti sono state le letture dei versi e dei proverbi da parte degli attori del Duo “I Caturru”, Giovanna Drago e Giovanni Blundetto, e straordinari e fantastici sono stati gli intermezzi musicali del “Duo StràNia”, composto da Gianni Nicosia ed Enza Strazzulla e che ha visto anche la partecipazione eccezionale, ed apprezzatissima della figlia Martina Coppola. Sono stati proposti, tra gli altri, brani in omaggio a Rosa Balistreri.

I componenti del Caffè Letterario Quasimodo ringraziano il numeroso pubblico per la partecipazione.

Salvo Micciché

Foto credits: Antonino Giurdanella, Salvo Micciché (salvomic, Biancavela Press)

Qui di seguito riportiamo la recensione / presentazione di Lina Riccobene Bancheri

‘Senza tiempu’ – poesie, proverbi e modi di dire in dialetto siciliano (di Silvana Blandino) — presentazione di Lina Riccobene, a Modica, 22.08.2021

Quando l’idillio con la lingua antica, di cui si è intrisi, è permanente e persistente, il problema è sapersene appropriare. Di contro, per coloro che scrivono in dialetto, esiste un problema di fondo che riguarda le ragioni intime della razza, dell’ambiente di provenienza, la stessa fisiologia etica del ricordo; riguarda l’immagine degli strati di cui è composta l’anima del poeta che non riesce a fare a meno della sua favola, di reincontrare quel dire privato del dialetto (e del gergo) che si apre al desiderio di rivisitare il mondo di prima, il più vero di ogni verità e indubbiamente il meno sospetto. Allora scrivere in dialetto equivale al desiderio di recuperare l’identità umana perduta e al desiderio di attestarsi nel mondo della letteratura dialettale, assumendo il “sermo humilis”: il solo strumento incontaminato, carico di espressività, comunicatività e fascino evocativo nella crisi culturale che ha corrotto la lingua italiana, ormai quasi del tutto svuotata di espressività, di forza e potere di suggestione.

                  È importante però ricordarci di effettuare una distinzione: una cosa è “poesia in dialetto”, una cosa è “poesia dialettale”. Quest’ultima è folklore, mentre la prima è libera assunzione della parlata locale e in vista di un’operazione artistica.

                  Or se è vero tutto ciò, è anche vero che in “SENZA TIEMPU” ri/troviamo piacevolmente una delle più apprezzate poetesse in dialetto di questa nostra terra di Sicilia, la nostra Silvana Blandino. Lo dimostrano: l’indiscutibile  qualità dei suoi testi poetici; la coerenza nello scorrere di una varietà tematica che diviene sequenziale nella sua sostanza, riuscendo ad amalgamarsi nel corpus dell’opera; lo dimostra la facile individuazione di un chiaro percorso sempre legato ai “caratteri” dell’esistenza; e lo dimostra la vivacità del suo dialetto che si fa “aggancio” alla natività espressiva proveniente dal germinale fecondo delle radici culturali di questa nostra Autrice.

                  La poesia di Silvana nasce muovendosi attorno ad un luogo geografico qual è Modica, ma trasborda oltre la vitalità della sua stessa provincia indipendentemente dalla collocazione geografica e dallo strumento linguistico usato, perchè grazie alla sua poesia lei stabilisce contatti nel tempo e nello spazio solo toccando corde umane e poetiche che non hanno limiti o confini spazio-temporali. E l’uso del dialetto, confermo, non è di pregiudizio alla poesia, quando questa c’è veramente. E in “SENZA TIEMPU” ce n’è davvero tanta.

                  Ho sempre apprezzato l’impegno, la costanza, la creatività, la dolce irrequietezza della nostra Silvana nel proporre le sue creazioni poetiche che sono quasi una costante nella realizzazione del suo IO, e del suo IO poetico, che si è ben costruito “provvida persistenza” del suo uso come “attuale alternativa” all’uso dell’italiano (per usare un’espressione del grande Tullio De Mauro).

                  Ricordate, amici cari, (ma eravamo all’alba degli anni ’90 del secolo scorso) quando si pensava che i dialetti italiani non potessero essere più caratterizzati in letteratura come “lingua della realtà” e perchè l’universo antropologico e linguistico (che li aveva sostenuti)  era stato cancellato dai nuovi segni sociali (Brevini), e probabilmente si tenevano d’occhio i dialetti di oggi e le letterature dialettali dell’Ottocento e proto-novecenteschi? I dialetti di oggi, invece, parlano con le idee e con la storia contemporanea; ed essa si rinnova là dove è la letteratura italiana in lingua che invece stenta spesso a cambiare le proprie idee e gli abiti linguistici logori e un po’ rabberciati.

                  E cosa dire dei poeti dialettali di oggi se non che, lontani dall’occasionalità e dall’evasione emotiva, rievocano ( con grande abilità poetica) nei loro tipici gesti e nelle loro umane vicende, i popolani di un tempo non per ristrettezze d’orizzonte ma per riproporre in chiaroscuro sembianze di trapassi fra realtà e sogno, per riproporre squarci di surrealismo, magiche evocazioni, liriche accensioni fra il fiabesco ed il meraviglioso.

                  Tanto ha fatto, nella costanza della sua produzione poetica, la nostra Silvana, e tanto (è il mio auspicio!) continuerà a fare, perché dopo le sue prime esperienze letterarie, Silvana è approdata ad una poesia bella, intimista, di impegno sociale e di largo respiro culturale perché, di volta in volta, libro dopo libro, la nostra poetessa ha arricchito la sua voce inverandola in un sempre maggiore scavo della lingua in dialetto, in una indagine culturale di tematiche e di forme, sino ad approdare ad una poesia irrobustita da intuizioni stilistiche e di immagini che condensano l’atmosfera che lei stessa crea e nella quale il lettore si immerge, perchè la sua ( come scrive in prefazione Salvo Miccichè) è poesia che “va dritta ai sentimenti”, è poesia evocativa quanto basta, suscita immagini come in un film che costringe a rivedere la propria vita e a discuterne i momenti. Cito piacevolmente…

                                                     Manu ri matri-amanti-amica

                                                     e picciriddri e nanni

                                                     ‘mpastunu lu pani,

                                                                       scacciati e nciminati,

                                                     mentri lu furnu jardi

                                                     ri fraschi nuovi addrumati.

                                                     E la menti abbòla

                                                     a cuomu stu bagghiu s’incìa

                                                                       ri canzunu e risati

                                                     mentri lu laùri unniàva

                                                     aspittannu lu viddranu

                                                     ca lestu lu mitìa…( da “Ciauru di pani”),

e ancora …

                                                     Passa sutta ‘a na casa

                                                     lu massàru muricanu

                                                     a cavaddru a lu tratturi.

                                                     Avi la peddri rura

                                                                       cusciuta assà ro suli

                                                     mentri frisìa o arricogghi spichi

                                                     ppi mangiari ‘a sa famigghia…e niautri.

                                                     E mi veni ri pinsari

                                                     ca fuorsi fuorsi lu figghiu

                                                     stu travagghiu nun vosi fari

                                                     e assai luntanu s’innìu

                                                     ri ‘sta pisanti rera…( da “Na pisanti rera”).

Vediamo bene, dunque, come Silvana sappia garantire, col suo particolare dialetto modicano, quel pregio che rifugge da qualsiasi intervento normativo e che invece le permette di distillare nella parlata locale, dunque siciliana, “il culto” per la poesia dialettale e con l’impronta di una caratura personale sempre consona al suo dettato poetico.

                  Una silloge, SENZA TIEMPU, che si legge in un fiat (molte liriche le conoscevamo bene) e nella cui lettura ti trovi piacevolmente ed emotivamente immerso perchè poesia reale ed evocativa. Chi di noi alla nostra età (mi riferisco ai “diversamente giovani” come me) non vive la nostalgia delle cose scomparse? La velocità del tempo ci ha portato via, ahimè, quella persona cara che con cura sbucciava, tagliandone la buccia spinosa, i tanto saporiti fichidindia; e ci ha portato via l’odore del pane appena sfornato a rallegrarci; ci ha portato via i calzolai del nostro paese che ormai non ci sono più (ddon Giuvanninu ricordato da Silvana e lu ‘zi Liddru sacristanu del mio paese e che col suo lavoro sfamava 9 figli); la velocità del tempo ci ha portato via la persona cara…

                                                                       E bulisti vulari

                                                                       libbiru comu l’angiddruzzu

                                                                       libbiru

                                                                                         ‘nto cielu

                                                                       unni li sonna su veri

                                                                       unni li sirpenta

                                                                                         nun anu nìura terra

                                                                       e nun puonu strisciari…(da “ E bulisti vulari”).

La velocità del tempo ci ha porttao via le viuzze di campagna ormai abbandonate, mute, senza alcun rumore di ruote di carretto a calpestare l’erba; e i giochi di un tempo (gia citati in una lirica proposta nel 2014 in “Sangu e meli”): a ciappareddra, a petrapitrù, tichitignòla, a scala scaliddra, o’ pugnu e cutugnu.

                  Ma tutto è recuperato in questa importante ultima pubblicazione della Nostra, in questa silloge dove affondano le radici della sua… della propria… regionalità, perchè i poeti dialettali come Silvana Blandino, come quanti scriviamo nel nostro dialetto, apparteniamo alla nostra terra perché apparteniamo alla nostra Italia; e apparteniamo all’Italia proprio perché abbiamo le nostre radici nel dialetto locale, in un angolo di civiltà che è di tutti noi che ormai viviamo nello spazio del plurilinguismo. E per mettere luce su alcune   considerazioni di tipo sociolinguistico e letterario, prendiamo ad esempio proprio la poesia dialettale siciliana che storicamente vanta il primato assoluto della poesia nazionale “italiana”.

                  I dati di ricerca oggi parlano chiaro: l’archetipo del poeta dialettale siciliano moderno è rappresentato da persone oltre i 35 anni che hanno scelto il dialetto (magari italianizzato) per comporre le poesie scritte in una forma metrica tradizionale. Dunque l’atteggiamento verso il dialetto espresso dai siciliani è cambiato. Seppur rimanga indimenticabile il fatto che l’italiano sia visto da tutti come simbolo di modernizzazione e di mobilità sociale, è anche vero che oggi “più colta è la famiglia del dialettofono, meno egli disprezzerà il dialetto”. In questo, l’uso del dialetto in poesia ha una funzione diversa da quella osservata nelle società primitive, dove si segnalava l’appartenenza al gruppo ed il conseguente distanziamento dagli altri.              Oggi, avere fra le mani libri come SENZA TIEMPU significa che ci siamo riappropriati della nostra lingua, della lingua nel mare dei fatti inquietanti e dolorosi (vedi la lirica JORNA DI SCURDARI relativa ad un vissuto dell’11 luglio 2019, vedi E BULISTI VULARI ,che citavamo poco fa , scritta per la dipartita di una persona cara); significa riappropriarsi della bellezza delle tradizioni folkloristico/religiose come Silvana fa con la sua “U VENNIRI-SSANTU” e con un’altra poesia degna di essere letta:”A MATRI E ‘U FIGGHIU”; e significa anche  esternare amore e attaccamento al proprio fratello lontano, partito per cambiare la sua sorte che magari non prometteva granchè e che la nostra poetessa esorta al ritorno perchè…

                                                                       Ca c’è un ciauru/ ca nun mori,

                                                                       ti trasi intra l’ossa/ e ti spacca lu cori…

e gli dice con cuore caldo…

                                                                       Torna fratuzzu/torna a ‘bbrazzari

                                                                       macari ppi picca/ ta matri…e lu mari.

Sentimenti, si, che nascono dall’inquietudine del vero poeta, perchè…

                                                                       Lu veru poeta/ nun è mai cuètu…

                                                                       Avi ‘n fuocu/ ca ci ugghi rintra.

                                                                       Lu pinzieri ha ‘rriminàri/ e nascinu viersi

                                                                       ppi fallu stari bonu/ ppi fallu campari.

E la Blandino è poetessa autentica, come lo sono le sue ragioni intime, di ambiente, di provenienza, rispettosa della fisiologia etica del RICORDO: immagini, queste, degli strati di cui è composta la sua anima che non riesce a fare a meno della sua favola, che non riesce a fare a meno di reincontrare dinanzi ai successivi passi (dalla infanzia, dai diversi punti di caduta dell’IO, del paradosso del progress esistenziale) il buon idillio dell’antica lingua, quella del dialetto di cui si è pure sempre intrisi, comunque siano cambiate le abitudini, gli stereotipi dominanti, gli esercizi di controllo emozionale del passato ed altro incrocio con le origini.

                  Il passato! Si, Silvana Blandino tiene conto (e terrà conto) del passato perchè sa che in esso soltanto si riscontra la vecchia identità, quel dire privato del dialetto che si apre al desiderio di rivisitare il mondo di prima, il più vero d’ogni verità e indubbiamente il meno sospetto. E da qui la sua impellente scelta di cercare la verità nella sapienzialità dei nostri antenati, una sapienzialità racchiusa nei proverbi, negli aforismi o vecchi detti, ai quali si attinge la verità.

                  Ed ecco la seconda parte a caratterizzare, a comporre il libro di cui ci occupiamo stasera e che veramente garantisce significato e significante al suo titolo “SENZA TIEMPU”, perchè la sapienzialità di tutti i proverbi in esso raccolti non hanno e non avranno mai tempo di scaduta, perchè si fanno SALVAGUARDIA e CONOSCENZA del patrimonio tradizionale locale. Patrimonio che occorre tutelare così come bisogna conoscere questo mondo che è stato troppo facilmente assimilato al folklore e troppo facilmente sottovalutato ed equivocato: troppo spesso lo strumento dialettale che lo veicola è stato degradato a “sottostoria”.

                  Ma a Silvana dobbiamo il nostro “grazie” per questa sua illuminazione e per questo pesante lavoro di ricerca e raccolta dei meravigliosi proverbi che leggiamo in questa sua pubblicazione. Quanto apprezzabile lavoro per questa meravigliosa  e significativa griglia di “detti” dalla quale ciascuno di noi, e chi verrà dopo di noi, ricaverà considerazioni che ci rinvierannno sempre dall’ambito etnologico a quello socio-economico e culturale-ideologico. Perchè? Perchè mossa dalla curiosità, stimolata dalla sapienzialità proverbiale della sua cara mamma, e avendo ricercato in quel di Modica informatori sul mondo popolare, e grazie alla sua pazienza e lavoro certosino, è riuscita a fissare in pagina un documento di straordinario valore che comunque non andrà e non deve essere disperso: i proverbi e i modi di dire, che nel corso della sua vita (ma anche della vita di ciascuno di noi, perché sempre attuali) hanno consentito riflessione, rivisitazione dei propri errori, possibilità di riuscire a far fronte alle difficoltà quotidiane, a tutti quei consigli che in passato abbiamo ricevuto perchè difronte a certe situazioni maturassimo più capacità critica, di discernimento, di riflessione. Non per niente si fa riferimento alla paremiologia (dal greco paroimìa) che è lo studio dei proverbi e di ogni prodotto linguistico che intenda trasmettere la conoscenza basata sull’esperienza di ogni giorno.

                  Mi spiace che secondo alcuni i proverbi siano la quintessenza dell’ignoranza, un modo filosofico di esprimere semplicemente dei luoghi comuni, cose ovvie insomma. Ma secondo altri essi sono l’espressione della saggezza popolare, sono un patrimonio culturale che raccoglie esperienze vissute dai popoli e che riassumono, in poche parole incisive, verità che appartengono all’esperienza del vivere quotidiano della gente comune: dunque pensiero sapienziale.

                  E c’è di più e anche di diverso: il pensiero sapienziale funziona alla stregua del pensiero scientifico ma se ne discosta perchè il suo intento non è meramente strumentale e innovativo; e il suo procedere nella ricerca di nuove verità e di nuove conoscenze non lo porta a tralasciare quanto ha già acquisisto e che costituisce il patrimonio di conoscenze dell’intera umanità. Insomma, il pensiero sapienziale se non disdegna (per così dire) di andare avanti, non rifiuta neppure di rivisitare e di approfondire ciò che appartiene al passato, giungendo talora a considerarlo un sapere privilegiato anche rispetto alle consapevolezze della modernità e della post-modernità.

                  E sotto forma di massime, di metafore o similitudini, talvolta in rima, i proverbi appartengono di fatto a tutti i popoli ed esistono in tutte le lingue e dialetti e talvolta -con varianti minime- essi sono comuni in varie parti d’Italia.

                  Chi li abbia inventati non si sa, tanto che spesso vengono introdotti da “dice il saggio”, oppure da “diceva l’antico” o “l’antichi ricivanu” o semplicemente senza alcun soggetto e la loro esistenza è molto antica (esiste perfino un libro della Bibbia titolato proprio PROVERBI).

                  Nei secoli, poi, alcune espressioni sono diventate modi di dire che ancora sono in uso in forma dialettale o italianizzata, e sono molto significativi per capire lo spirito di una regione. Si riferiscono spesso a stili di vita popolari o cantadini, ma se sono rimasti così vivi nell’uso comune è perché esprimono situazioni comuni e senza tempo e che si realizzano solamente in forme un po’ diverse.

                  Sarebbe veramente bello fare entrare questo libro nelle scuole di ogni ordiene e grado e portare a conoscenza dei nostri bambini, adolescenti e giovani la sapienzialità, il giudizio di chi ci ha preceduto, e spiegare loro che i proverbi sono ETICA e SCIENZA POPOLARE, sono un modo “altro” e completo per conoscere la nostra Sicilia, la sua natura, l’indole di questo popolo geniale. E davvero mi auguro che le pagine di questo SENZA TIEMPU contribuiscano a risvegliare il vivo desiderio di conoscere le bellezze del “dire” siciliano e comprenderne la vera natura, l’indole, il temperamento, il carattere.

                  Silvana, dobbiamo esserti grati per questo tuo lavoro che ci spinge ad una riflessione: l’umanità perfettibile, è vero, continua ad avanzare verso il gran faro del progresso e le generazioni oggi più colte stanno succedendo alle primitive, ma… quando scema l’interesse verso il passato, e con esso scemano l’intensità dell’affetto e smorza la fantasia, allora il rischio è quello che l’anima popolare non  raggiunga mai a pieno le vette della sua civiltà e col rischio che persistiamo nella farragine del sapere e agonizzanti nei vortici dell’anima moderna che poco sa di canti e del sapere del suo popolo. E questi proverbi sono forse l’unico modo, o un mezzo potente, per conoscere meglio i costumi e i sentimenti popolari.

                  Ecco perchè questo libro si fa anche ARCHIVIO del nostro popolo, si fa tesoro della sua scienza, della sua religione, della vita dei padri; e si fa immagine di gioie e dolori, si fa osservazione docile, virtuosa, sorprendente dei grandi vizi e delle grandi virtù; questo libro è la possibilità di ingolfarsi fra la nostra gente di ieri, comprenderla, sentirla, amarla. E si fa UNITA’ MORALE, perchè questo ha sempre voluto la nostra gente…sempre dotata di fine intelletto e di dolci sentimenti.

                  E da questa raccolta di proverbi, curata da Silvana, emergono indicazioni su un sistema sociale microstotico disseminato di DIVIETI e CONSIGLI: Es.:

                                                     Cu’si curca che picciriddri

                                                     c’agghiorna pisciatu (Trad.: Chi si corica coi bambini si                                                                                                                             risveglia bagnato di pipì)

=Non bisogna mettersi in affari o legarsi a persone immature o inesperte

                                                     o…

                                                     Cu’ chiddru rittu nun fari pattu

                                                     cu’ chiddru tuortu nun fari cuntrattu (Trad.: Con il giusto                                                                                                      non fare patto, con lo stolto non fare                                                                                                                    contratto)

= Con il giusto non c’è bisogno di fare patti, mentre con lo stolto non basta sottoscrivere un contratto.

Ed anche un mondo disseminato di SAGGEZZA POPOLARE: Es.:

                                                     Acqua, cunsigghiu e sali

                                                     senza addumannati nun ha dari (Trad.: Acqua, consiglio e                                                                                                        sale, se non sono richiesti non bisogna                                                                                                                             darne)

= Ad indicare che bisogna evitare di dare consigli se non espressamente richiesti, come l’acqua e il sale.

Ed è un mondo disseminato di RICCHEZZA E POVERTA’. Es.:

                                                     Ha voglia ca ti viesti ri munìta:

                                                     fai sempri parti ri rustica casata.

                                                     Macari ca ti vistissitu ri sita

                                                     sempri fai puzza r’allacciata. (Trad.: E’ inutile che ti vesti                                                                                                          bene, fai sempre parte di modesta casata.                                                                                           Anche se ti vestissi di seta, sempre fai puzza                                                                                                      di latte cagliato)

= Non è facile (ed anche inutile) nascondere le proprie origini.

Ed è un mondo disseminato del valore dell’AMICIZIA . Es.:

                                                     Quantu valinu cientu amici ‘nti na ciazza

                                                     nun ci valinu cientu unzi ‘nti ‘na cascia. (Trad.: Quanto                                                                                                            valgono cento amici in una piazza, non ci                                                                                              valgono cento onze in una cassa)

= Per sottolineare l’importanza della vera amicizia

                                                                       o…

                                                     L’amicu si canusci quannu si perdi

=Ahimè, ci rendiamo conto dell’importanza di una persona quando questa non c’è più.

E non possono mancare le SUOCERE in questo mondo. Es.:

                                                     Vagghiu ‘na sogira p’abbindari

                                                     e truovu lana a scarminàri

= Trovarsi in situazioni spiacevoli, a propria insaputa.

Ed è un mondo disseminato di FIGLI, di MATRIMONIO, di VICINI. Es.:

                                                                       Figghi nichi peni nichi,

                                                                       figghi ‘ranni peni ‘ranni,

                                                                       figghi maritati…peni triplicati

= Chi fa figli avrà problemi, qualsiasi età essi abbiano, dunque i problemi sono rapportati all’età.

                                                                       o…

                                                                       Maritu e purcieddri

                                                                       comu i ‘mpari i truovi

= La donna, perno della famiglia, nel suo ruolo di educatrice…educa anche il marito!

                                                     …e ancora un altro…

                                                     Cu havi un malu vicinu

                                                     havi un malu matinu

= Avere cattivi vicini comporta un vivere difficile.

E non mancano, in questo mondo, le ESORTAZIONI alla buona creanza. Es.:

                                                     Rispetta se buoi ‘ssìri rispittatu

                                                     saluta se buoi ‘ssìri salutatu.

= E’ un proverbio che parla da sé, non possiamo spiegare nulla difronte a tanta ricchezza

Ed io devo rispettare ciascuno di voi, carissimi convenuti a questa indimenticabile serata, devo rispettare la vostra pazienza nell’avermi ascoltata e sopportata, e lo faccio di cuore, grata, gratissima all’Autrice di SENZA TIEMPU, la cara Silvana Blandino, per avermi voluta ancora una volta qui, a parlare delle sue opere. E ringrazio sentitamente il Presidente di questo straordinario Caffè Letterario Quasimodo, presieduto, appunto, dal caro e stimato Domenico Pisana, e per la sua accoglienza riservatami; grazie all’amico Salvo Miccichè, poeta e filologo ammirato e straordinario conduttore di questa serata; ringrazio Enza e Gianni, il duo Stranìa, per avere garantito a questa presentazione un altro aspetto culturale qual sono musica e canti popolari; e grazie agli attori Giovanna Drago e Giovanni Blundetto per la loro ineccepibile declamazione delle liriche; e grazie a tutti i presenti, nessuno escluso, che mi piace considerare amici cari e  di sempre.

Ma non posso congedarmi se prima non torno a fare un doveroso riferimento ai JOCA RI ‘NA VOTA che troviamo a chiosa della silloge poetica, ossia la prima parte di questo SENZA TIEMPU della Blandino. E perchè? Perchè trovo che sia nostro dovere tentare di riportare in strada ed eternare questi giochi innocenti che ci prendevano diverse ore del pomeriggio fino al crepuscolo e oltre, talvolta. E dovremmo farlo per aiutare tutti i nostri bambini a mollare ogni tanto il loro inseparabile cellulare o tablet che non sempre sono loro amici.

Grazie Silvana. Auguro tanto, tantissimo successo a questa tua ultima fatica letteraria che, sono certa, non sarà l’ultima. Complimenti, davvero!

Lina Riccobene Bancheri

Il cuore di mamma nella poesia di Margaret Carpenzano

Poetando

Da Ondaiblea del 12 luglio 2020

Che cos’è l’affetto di una mamma verso la propria figlia? Non ha prezzo, non ha limiti di spazio né di tempo. È una sorta di tavolozza ricca di colori dalle sfumature diverse ma che serve a dare articolazione alla tela della vita. L’eco di ricordi e parole animano il cuore di Mamma ripercorrendo momenti gioiosi, talora dolorosi, ma sempre vissuti intensamente. Proprio in un pomeriggio estivo, afoso, dove la calura rende asciutti i pennelli che tracciano segni curiosi sul foglio, l’animo artistico ed eclettico di Margaret Carpenzano vola verso una dimensione lirica dove la successione dei lampi di memoria fornisce allo scritto la musicalità della poesia.


«Questa lirica – dice l’autrice – è arrivata in un pomeriggio afoso. In un attimo di silenzio, dove tutto tace, ho udito un lamento e non è stato difficile capire che fosse il cuore di una madre. Riposto in un angolino recondito, rannicchiato, senza dare all’occhio, viveva il suo dolore senza far rumore. Allora gli ho chiesto perché fosse così triste, cosa rendesse cupe le sue giornate e lui è stato, finalmente, riconoscente di essere ascoltato. Si è talmente abituato a non dare all’occhio ed a passare inosservato che non avrebbe pensato di essere ascoltato in un pomeriggio caldo e afoso di un pomeriggio d’estate».

Il peso delle tue parole”, è il titolo della poesia; un componimento che attinge ad un arcobaleno di pensieri tra “vittorie e debolezze”. Versi lirici che innalzano al cielo e si espandono come l’amore e l’affetto che una mamma nutre per la propria figlia. Emblematico il ricorso alle “lacrime invisibili/ fatte di cristalli di sale” che cercano di illuminare “il cammino dei suoi figli”.

Giuseppe Nativo

Il peso delle tue parole

Non te ne andare,

non andare via.

Ascoltalo il peso delle tue parole,

Volano via leggere

ma pesano come un macigno su di me,

accarezzano il vento e volano alte,

più di esso.

Quando dici che non vuoi più stare qui,

sono spade per me,

trafiggono la speranza di vederti diventare donna,

di viverti ogni giorno,

di sentire il tuo odore,

di starti accanto e sostenere le tue vittorie e debolezze.

Vorrei dirti questo

tutte le volte che ti dico vai,

Tutte le volte che ti insegno ad essere libera,

tutte le volte che ti insegno a volare.

Ma, il cuore di una madre,

piange lacrime invisibili

fatte di cristalli di sale

che brillano per illuminare il cammino dei suoi figli. 

Margaret Carpenzano

 Poesia

«Col dire poesia…», un contributo di Pisana all`opera curata da Nicolò Mineo (Università di Catania)

Modica, 24 giugno 2020 — Nella ricorrenza dei 700 anni dalla morte di Dante, è uscita, in omaggio al sommo poeta, un’opera dall’emblematico titolo Col dire Poesia…, Prova d’Autore editrice, 2020, alla cui stesura ha collaborato, insieme ad altri 39 studiosi poeti e critici italiani, il modicano Domenico Pisana, Presidente del Caffè letterario Quasimodo, con un contributo sul tema «Dove va la poesia contemporanea?»

La pubblicazione, che contiene anche un interessante contributo di Grazia Dormiente, Direttore culturale del Consorzio di tutela del cioccolato di Modica,  è stata  curata da una personalità di tutto rispetto: il prof. Nicolò Mineo dell’Università di Catania, studioso di Dante, critico letterario e accademico italiano, specializzato in Filologia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, docente di  Letteratura italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania e per alcuni anni nello stesso tempo nell’Istituto Universitario di Magistero di Catania, e poi nell’Ateneo di Enna; è stato Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Verga e Presidente del Corso di laurea in Lettere, Direttore del dipartimento di Filologia moderna, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania. Dal 2010 è Professore emerito. L’opera è stata pubblicata dalla Casa editrice di Catania, Prova d’Autore, sotto il coordinamento del poeta e critico letterario Mario Grasso.

Un libro che si pronuncia su quel che s’intende con la parola “Poesia”. Un libro indispensabile per chi comincia, per chi spiega, per chi ha piacere di ricavare una informazione definitiva e definitoria dalle lezioni dei suoi 40 autori, fra i quali Giuseppe Yusef Conte, Valerio Mangrelli, Silvio Ramat, Giuseppe Raniolo, Aldo Gerbino, Giovanni Giuga, Renata Governale, Franco Arminio, Sebastiano Aglieco, Marcella Argento, Salvatore Bommarito, Maria Bucolo, Maurizio Cairone, Antonino Contiliano, Silvia Costanzi, Ombretta Di Bella,  Grazia Dormiente, Alessandra Ferrara, Emanuele Fiore, Francesco Foti, Renata Governali, Mario Grasso, Stefano Gresta, Marina Guerrisi, Gilberto Isella, Stefano Lanuzza, Anna La Rosa,  Antonio Leotta, Marisa Liseo, Aurora Lombardo, Massimiliano Magnano, Rosa Maiolo,  Fabiola Marsana, Angelo Maugeri, Nicolò Mineo, Lorenzo Morandotti, Francesco Nicolosi Fazio, Domenico Pisana, Laura Rizzo, Mario Rondi, Giulia Sottile.

40 contributi diversi l’uno dall’altro, eppure tutti armonicamente pertinenti sul denominatore comune del titolo e affabilmente arricchiti dagli omaggi esclusivi a Dante di Giuseppe Conte e Antonino Contiliano.

«Ringrazio il prof. Mineo e lo scrittore Mario Grasso per avermi coinvolto in questo progetto editoriale di notevole rilevanza», ci dice Domenico Pisana.

L’opera  è  acquistabile sul catalogo online di Prova d’Autore (www.provadautore.it) e prenotabile nelle librerie o via email (provadautore@iol.it).

Salvo Micciché

Domenico Pisana

In memoria di Umberto Migliorisi

Scomparso oggi a Ragusa il poeta Umberto Migliorisi. Il ricordo di Pippo Di Noto…

Ragusa, 1 maggio 2020 – Umberto Migliorisi è senz’altro il maggiore poeta dialettale ibleo contemporaneo. Ma sarebbe riduttivo circoscriverlo in questa sfera limitata. Poeta in lingua di notevole spessore, saggista, ricercatore, operatore socio-culturale; in uno, intellettuale e politico di vaglia.

Ma, soprattutto, il mio mentore!

Come ogni mentore, saggio e affidabile, paterno. Se a Giuseppe Frosini devo l’inizio della mia attività poetica dialettale e a Carmelo Assenza, l’incoraggiamento, a Umberto devo il mio debutto in ambito regionale. La sua stima per me e per i miei versi (Nuvuli, I casi di Coffa, Assira morsi Papè Caiorsi), infatti, lo convinse a inserirmi tra i poeti in vernacolo emergenti, con Pino D’Avola, per rappresentare la voce degli iblei, nel convegno regionale di poesia dialettale organizzato dall’Associazione Corda Frates e moderata dal prof. Salvatore Di Marco, a Barcellona Pozzo di Gotto, nel 1991, convivio dei poeti contemporanei “Padrelingua” più importanti dell’isola.

Poesia

Quanti ricordi e aneddoti “collaterali”. Del ’28, come mio padre; come lui, la quasi totalità della vita vissuta a Ragusa, nello stesso stabilimento petrolchimico dove lavorava lui; analista chimico, cromatografaro nel laboratorio di Controllo e Qualità, nella stessa sala dove iniziai a operare anch’io alla fine degli anni ’80, con la medesima mansione!

Per non dire poi che al Convegno di Barcellona Pozzo di Gotto., mentre muovevo i primi passi da poeta, la mia primogenita, iniziò a camminare.

Umberto, presente nelle giurie più prestigiose, quali il Vann’Antò – Saitta, si occupò anche della rivalutazione storico letteraria di importanti profili iblei, tra tutti, Vann’Antò, al secolo, Giovanni Antonio Di Giacomo, U Zzù Rusà, al secolo Giuseppe Bonafede e Marietta a Cuotila al secolo, Maria Occhipinti. Responsabile culturale del Centro Studi Feliciano Rossitto, ne curò la Biblioteca di tradizioni popolari.

Fine poeta bilingue, apprezzato anche per i suoi versi in lingua madre, funse da tramite per farmi conoscere e stimare anche dai maggiori poeti iblei, Emanuele Schembari e Giovanni Occhipinti, divenuti in seguito miei cari amici, che promossero e valorizzarono la mia produzione poetica. 

Questo il ricordo del Mio Umberto Migliorisi, Il colto poeta dell’Ironia, della Pace, dell’Impegno sociale; con cui ho condiviso le stesse nuvole, che adesso probabilmente ha raggiunto stabilmente, salvato anche lui, dalla Poesia, in questo Primo Maggio in cui se n’è andato, data fatidica ed emblematica per il Saccense, naturalizzato Ragusano, compagno di sempre. 

Il ricordo del cuore. Trafitto della ferale notizia. Delle tante pubblicazioni dell’Ignazio Buttitta ragusano, ci occuperemo a mente serena, con il Centro Studi Feliciano Rossitto, con il Centro Servizi Culturali.

Pippo Di Noto

A Licodia Eubea suggestioni poetiche e musicali sulla Luna

Salve Signora, Dea dalle bianche braccia, chiara Selene…

Licodia Eubea, 23 luglio 2019 –  Venerdì 26 luglio 2019 alle ore 21, nella scalinata della chiesa Madre, a Licodia Eubea, le associazioni Albacas e SEN, con il patrocinio del Comune, presentano una serata dedicata alla Luna: Suggestioni poetiche e musicali dedicate alla Luna – per ricordare il 50° anniversario dello sbarco sulla Luna.

Voci narranti: Demetra Barone, Filippo Bozzali, Aurora Caruso; intermezzi musicali: Adriana La Rocca (voce), Giovanni Bellia (chitarra), Carmen Sciorto (basso).

Lo annunciano il presidente di Albacas, Antonio Barone e quello di SEN, Giulia Di Gregorio.

Salvo Micciché

World Festival of Poetry a Modica: hug peace!

Modica, 22 giugno 2019 – A Modica si è svolto ieri, 21 giugno, il World Festival of Poetry, al grido di “No war – Hug Peace”. Ventuno poeti si sono uniti al coro di voci di oltre 70 paesi del mondo in simultanea nei 5 contenenti per lanciare un urlo pacifista finalizzato a richiamare l’attenzione della gente e dei governi verso un impegno per la ricerca della pace.

Erano presenti 20 poeti, iblei come Pippo Di Noto, Salvo Miccichè, Marinella Tumino, Giovanna Drago, Raffaele Puccio, Giovanna Vindigni, Silvana Blandino, Franca Cavallo, Gianni Di Giorgio, Carmelo Di Stefano, Antonella Monaca, Giovanni Occhipinti, Elia Scionti, Grazia Dormiente, Salvatore Paolino e Lucia Trombadore, aretusei come Giovanna Alecci, Corrado Di Pietro, Giuseppe Blandino, Ignazia Iemmolo.

Il Reading è stato coordinato dal “poet master” Domenico Pisana, Presidente del Caffè Letterario Quasimodo, che in apertura ha letto il messaggio del Direttore dell’Europa per il Festival, dott. Claudia Piccinno, quindi ha invitato i poeti, dopo la lettura di una loro nota biografica, a leggere versi, quasi tutti improntati a temi sociali riguardanti la pace, il «no alla guerra», la violenza, la solidarietà, le migrazioni, la giustizia… 

Le poesie sono state intervallate da brani musicali e vocali a cura del Duo Estrella (M° Lino Gatto, alla chitarra, e Ilde Poidomani, voce).


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Articolo su RTM

Scaniari lu pani

Salvo Micciché (da Zàghiri e Parmi, Biancavela 2016, proprietà riservata)

Scaniari lu pani

Re cincu susuti, ca c’è u pani i scaniari[1],

brìvala, maidda e sbriuni ha priparari;

tanti cuorpi ppi muddiari a lavatina,

u cruscenti è stiratu: mintèmuci a farina…

U furnu ha cauriari: pripara u tiraturi,

jàrdi li fraschi, e se fa cauru ‘ppuoi suri,

a buttigghiula ccu l’acqua ti po’ ajutari

se u pistolu vuoi arrifriscari.

Pigghia a pala e nèscia lu pani,

cucciḍḍatu scaniatu e scacci ppi dumani.

E se t’affari, jardiennu lu furnu,

a mari puoi jiri di notti e di juornu

e cci para c’ô suli t’hai stiratu

nna rina càura bell’e-curcatu…

Beḍḍu u riḍḍu rô pani sciurnatu

su ti lu mangi si bell’e-rricrjatu.


Impastare il pane

Dalle cinque alzati ché c’è il pane da impastare, / il piano per fare il pane[2]e il pistone devi  preparare; / tanti colpi per rammollire il lievito, / il “crescente”[3]è stirato: / mettiamoci la farina… / Il forno deve riscaldare: prepara il “tiratore”[4], / ardi le frasche e se fa caldo poi suderai, / la bottiglietta con l’acqua ti può aiutare / se il “pistolo”[5](di pane) vuoi rinfrescare. / Prendi la pala ed esci il pane, / “buccellato”[6]impastato e focacce per domani. / E se ti abbronzi, ardendo il forno, / a mare potrai andare di notte e di giorno / e a loro sembrerà che al sole ti sei stirato / nella sabbia calda, bello e coricato… / Bello il “solco dorato”[7]del pane sfornatose te lo mangi ti sei già ricreato.


[1]Sul tema vedi anche la bella poesia di Silvana Blandino (Modica), Lu pani ‘i casa, pubblicata anche su Albo d’Oro di DiversiVersi, Cenobio dell’Arte, Scicli 1997, opuscolo edito a cura di Salvo Micciché

[2]Il piano per fare il pane è composto da due parti, quella più larga è la maidda(madia), la testa è detta brìvala, su questo preme il pistone (sbriuni) che viene montato nella brivala con un cuneo (“manuzza”)

[3]Il “crescente” è il lievito madre

[4]Tiratore è uno strumento per tirare il pane caldo dal forno. La cenere, invece, si raccoglieva nel “sarduni”, sotto il forno, e il fuoco si tirava con il “tiraluci

[5]Il “pistolu” è detto un caratteristico pane a forma di “S” panciuta

[6]Cucciḍatuscaniatu, o “buccellato”, è un pane impasto con strutto e salsiccia e/o ricotta

[7]U riḍḍu, il “solco dorato” è la parte centrale, dorata, del pane “scaniatu” alla siciliana, che sembra un fiore in mezzo al “pistolu” di pane…